ANTONIO FANELLI
CONTRO CANTO.
Le culture della protesta dal canto sociale al rap
Donzelli EDITORE – Roma – 2017- pp. 220- €. 25,00
Antonio Fanelli, storico, antropologo culturale, fa parte del comitato scientifico dell’Istituto Ernesto De Martino. Collabora alle attività di didattica e ricerca demo-etno-antropologica dell’Università di Pisa. Per Donzelli ha pubblicato A casa del popolo. Antropologia e storia dell’associazionismo ricreativo (2014) e con Fabio Dei ha curato l’edizione speciale di Sud e magia di Ernesto De Martino (2013). Quest’ultimo recentissimo lavoro, presentato dall’autore nel luglio scorso alla trasmissione di Rai Radio3 “Fahrenheit”, propone un lungo e articolato viaggio attraverso il canto sociale e di protesta. La prefazione di Alessandro Portelli ricorda come ogni canto può assurgere a canto sociale se vissuto in forma collettiva e per uno scopo comune e di lotta. “C’è una dimensione sociale nel messaggio cantato e c’è un’altra socialità nel cantarlo tutti assieme”. In altre parole la musica popolare non si canta per un pubblico, mirando all'esibizione che determina la qualità sociale di questa musica, ma ciò che è importante è la condivisione di gruppo, la felicità di cantare insieme. Con la musica non si fa la rivoluzione, ma è pur vero che attraverso linguaggi e le forme musicali e le pratiche di condivisione e di fruizione della musica si è espresso e si esprime tutt'oggi gran parte dello spirito antagonistico dei ceti popolari e delle giovani generazioni del nostro paese. Canzoni e generi musicali hanno caratterizzato varie fasi della nostra storia recente, lasciando un segno profondo nella memoria collettiva. Poca attenzione, però, è stata prestata alle forme di produzione, circolazione e ricezione delle musiche che hanno accompagnato i momenti di tensione politica e di scontro culturale. Il libro tra l’altro vuole colmare questa mancanza portando alla luce quel vasto patrimonio di pratiche e di esperienze diffuse che delinea una sorta di vero e proprio contro canto della storia italiana. Il percorso tracciato in questo saggio parte dall'analisi del canto sociale e politico di quelle che Antonio Gramsci definiva “le classi subalterne”. Prosegue con le vicende dei gruppi e dei movimenti che negli anni della contestazione si opposero all'omologazione di massa, cercando di coniugare sperimentazione culturale e attivismo politico, e arriva alle nuove forme espressive della conflittualità sociale negli anni del rap e dei centri sociali, con l'invenzione di inedite sonorità che intrecciano la riscoperta della memoria storica dei canti di lotta con la riscoperta dei dialetti e delle identità locali, a cavallo tra culture giovanili, antagonismo politico, mercato discografico e libera diffusione tramite la rete. Dalle vicende del movimento operaio, ai movimenti sociali e alle culture giovanili l’autore tratteggia un attuale, particolare e avvincente rilettura della storia culturale del nostro paese. Un cammino parallelo ed equivalente e una storia espressa attraverso il canto dove la fantasia dei gruppi sociali in conflitto con la cultura ufficiale ha espresso grandi mutamenti nel gusto e nel modo di pensare. La corposa bibliografia, che accompagna il volume, è la conferma della vastità degli argomenti trattati e della formazione culturale sostenuta e assimilata dall'autore. Nel solco dei più recenti lavori sugli approcci educativi per lo studio dei cambiamenti nella formazione intellettuale dal secondo dopoguerra in poi l’autore ci offre uno spaccato della nostra storia recente in particolare dei mutamenti nell'orientamento dei giovani e più in generale dei produttori di cultura.
Lo sguardo in controluce del ricercatore aiuta a focalizzare, tra le produzioni culturali e musicali, la storia dei conflitti tra cultura alta e cultura popolare, tra consumo culturale di massa e avanguardie militanti. In altre parole mostra come sia possibile la ricerca di una risposta al rapporto fra potere e cultura, fra ideologia ed esperienza, fra egemonia e resistenza.
Agosto 2017
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