Ringraziamo Andrea Bellucci, autore della recensione, per la disponibilità a pubblicarla anche sul nostro sito. In precedenza è apparsa sulla rivista Zapruder n° 57 genn- apr. 2022 e sulla rivista Il cantiere n° 19 settembre 2023
Michela Cimbalo
Ho sempre detto noi Lucía Sánchez Saornil, femminista e anarchica nella Spagna della Guerra Civile
Viella- Roma - 2020 – € 35,00 – pp. 384
di Andrea Bellucci
Michela Cimbalo è riuscita in una difficilissima operazione. Ha scritto una bellissima, appassionata e appassionante biografia tenendo insieme, in equilibrio perfetto, la vita personale, la militanza politica e la parabola poetica di Lucía Sánchez Saornil, la cui storia è rappresentativa di quella politica e sociale della Spagna fra fine Ottocento, l’avvento del franchismo e il contesto internazionale.
Per questo è da rimarcare, innanzitutto, lo scavo documentale, la frequentazione delle fonti più disparate e la capacità di sottoporle a critica, di farle “parlare” per dirla con Marc Bloch.
Si tratta di un lavoro denso per il quale è impossibile qui renderne la ricchezza e i molteplici percorsi che si aprono, in pratica, ad ogni capitolo. Innanzitutto, il contesto della giovinezza di Lucía. Una situazione simile alle coeve realtà di altri paesi e che, per certi versi, presenta fenomeni tipici dei momenti di importante trasformazione negli anni antecedenti il primo conflitto mondiale: migrazioni interne in un contesto di crescita caotica e un percorso di sviluppo che viene dettagliato cogliendone i tratti originali socialmente rilevanti.
Qui si sviluppa la militanza poetica, politica e di genere di Lucía in cui i piani si intrecciano ma conservando ognuno la propria specificità. Questo aspetto è colto magistralmente dall’autrice in riferimento allo pseudonimo maschile con cui Lucía pubblica le sue prime opere, che racchiude in sé la possibilità di scrivere in relazione a tematiche erotiche, celando, in un gioco di specchi, la propria omosessualità, ma anche capace di fare emergere quel “noi” che sarà poi caratteristico delle sue pubblicazioni politiche.
È impressionante, per modernità e complessità, il pensiero di Lucía in merito alla questione femminile, o di genere come si direbbe oggi, e il suo sguardo originale, articolato, a volte anche contraddittorio: aspetti che Michela Cimbalo sottolinea con estrema acribia filologica.La stigmatizzazione del comportamento degli anarchici di sesso maschile, rivoluzionari nel contesto sociale ma non in quello familiare apriva una contraddizione forte nello stesso movimento, con toni che, davvero, sembrano anticipare di molti decenni i movimenti femministi degli anni ‘70 del ‘900. A dimostrazione del regresso totale di cui i fascismi furono portatori.
Ovviamente non è possibile non parlare della rivista “Mujeres Libres” che Lucía fonda e il cui primo numero esce nel maggio del 1936. In questa rivista Lucía Sánchez riversa le sue idee relative alla lotta di classe, alla cultura e, come è evidente fino dal titolo, alla battaglia per l’autonomia femminile.
La rivista nacque con alcuni punti fermi: essere fatta solo da donne per donne e mirare ad una più ampia platea. Veniva evitato così l’uso esplicito di termini quale “anarchismo”, che avrebbero potuto allontanare potenziali lettrici. Non secondario l’aspetto grafico, innovativo e accattivante con cui il prodotto editoriale si presentava.
Nel “secolo breve” che Lucía attraversa per buona parte, entrerà una figura importantissima, che sarà poi la sua compagna fino alla fine: América “Mery” Barroso con la quale vivrà anche le tragiche fasi della sconfitta repubblicana. Le pagine dedicate all’ “accoglienza” che la Francia riservò ai rifugiati spagnoli sono impressionanti e il timore di cadere in anacronismi a volte cede il passo, confrontando i nostri tempi e quelli di oltre 80 anni addietro.
Ma la storia non finisce con l’esilio e prosegue con il ritorno nella Spagna di Franco. In un contesto brutale in cui Lucía e Mery sopravvivono con estrema difficoltà.
Nell’ultima fase della sua vita gli scritti poetici cambiano tonalità e virano verso un crepuscolo con la consapevolezza della fine del proprio percorso umano. E quel “noi” si trasforma in un “io” in una delle sue ultime struggenti poesie.
La vita di Lucía è stata quella di una militante anarchica che rappresenta pienamente il ‘900, come secolo delle grandi lotte politiche e sociali. Lo testimonia la sua declinazione della questione di genere dentro il conflitto di classe e non in un orizzonte liberale (illuminanti le posizioni relative al “diritto di voto”).
A Michela Cimbalo va un doppio merito: quello di aver ricostruito la vicenda non solo di una donna, ma di un intero universo storico e di aver portato in Italia una storia di un paese a noi così vicino e che ha visto nel 1936 la prova generale dello scontro fra fascismo e antifascismo.
Settembre2023
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