FRANCESCO GIUFFRIDA
L’ACQUA E LU PANI
prefazione Dario Fo
Edizione Incontri – Catania – Kromato Edizioni – Ispica (RG) 2017 – pp.112- € 12,00
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Caratteristica del canto popolare e sociale è quella di avere diverse versioni dello stesso canto. Raccolto o registrato in luoghi e tempi diversi, da più testimoni, tramandato principalmente per via orale, anche in presenza di testi scritti o di canzonieri, lo stesso canto spesso ha differenze sia testuali che melodiche. Queste varianti o micro varianti hanno origini diverse: involontari vuoti di memoria, sostituzione di parole con altre ritenute più efficaci ed appropriate, interventi censori o anche autocensori da parte degli interpreti. Queste differenze quindi possono esser “irrilevanti” per quanto riguarda il contenuto della canzone, ma in altri casi possono addirittura cambiarne il senso. Ad esempio la canzone del repertorio del canto di risaia “La bionda di Voghera” per le lavoratrici delle filande di Jesi (AN) diventa, per assonanza, “La Bionda di Bandiera” dove però il testo rimane pressoché identico. Altro discorso per la più nota canzone della resistenza “Fischia il vento” dove il testo dattiloscritto di Felice Cascione che recita nella terza strofa “.. ormai sicura è la bella sorte/ contro il vile che ognun cerchiam” diventa, nella versione più conosciuta e cantata,” ormai sicura è la dura sorte/ del fascista vile e traditor” dando quindi al canto una connotazione molto più precisa e chiara. Ma sempre nella stessa canzone all’ultima strofa “sventolando la rossa sua bandiera” in molti canzonieri è diventata la “bella sua bandiera”. In questo caso l’intervento va nella direzione opposta a quella di prima ed è inteso a “diluire” l’esplicito messaggio del testo.
Questa premessa introduce l’importante pubblicazione di Francesco Giuffrida che analizza diciotto canti popolari siciliani per riportarli, come scrive Dario Fo nella prefazione “al realismo più crudo, sfrondati dal mito e dalla retorica”.
Un percorso meticoloso e documentato, che mette a confronto appunto diverse versioni del medesimo canto, ne ricerca i significati più nascosti per risalire ad una probabile “origine” e al contesto storico in cui il canto si è diffuso. Un lavoro si potrebbe dire di restauro, per scrostare le impurità che nel tempo hanno reso meno chiaro e visibile il messaggio e il significato del canto. Sempre Dario Fo nella prefazione scrive:” merito dell’autore è indubbiamente l’aver indagato, senza preconcetti, senza volontà di piegare i risultati, il già “noto” per una rilettura critica”. Particolarmente interessanti sono i capitoli dedicati a due tra i motivi più conosciuti del canto siciliano che tra aggiunte, modifiche e interferenze sono oggi diventati esempi di folklore stereotipato: Vitti ‘na crozza e Malarazza.
Altri canti presi in esame dallo studioso, meno conosciuti, divulgati prevalentemente grazie alle interpretazioni di Rosa Balistreri, affrontano tematiche care al mondo e alla cultura popolare. Oltre all’amore, nel materiale studiato dall’autore, se ne trovano alcuni che raccontano del carcere, della guerra, della mafia, di madri coraggio e di matrimoni combinati.
L’acqua e lu pani è certamente un modo innovativo di studiare le liriche e le ottave che formano il vasto corpus della canzuna siciliana, una metodologia di ricerca ed indagine che dovrebbe essere applicata a tutta la raccolta dei canti popolari e sociali italiani, che richiede però una grande esperienza come quella di Francesco Giuffrida da decenni impegnato nello studio, nella ricerca, nella documentazione e nella divulgazione.
Al termine di ogni capitolo sono segnalati i link per ascoltare i canti connessi agli argomenti trattati nel volume, un incentivo all’approfondimento anche attraverso la rete.
Novembre 2017
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